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Teatro San Vito

Il sito di Palinsesti quest'anno vi invita a lasciare liberamente un commento o a lanciare un tema di discussione circa qualsiasi aspetto vi abbia interessato o non abbiate condiviso dell'edizione 2008. L'idea cerca di canalizzare e rendere proficuo quel piccolo fiume di commenti che nelle precedenti edizioni abbiamo accumulato in modo caotico. Il tema della sezione principale di Palinsesti 2008, inoltre, è la mostra 'Nodo_rete' la quale ponendo come suo argomento centrale la rete di relazioni tra persone, oggetti e dati, non poteva che ricorrere all'uso di Internet e dei suoi strumenti di dibattito. Proprio per questo motivo il commento che vi chiediamo rimane libero ed a tutto campo, su qualsiasi artista, sala, aspetto della mostra o sezione (incluse quindi le altre due sezioni 'In sesto' e La 'flagranza dell'immagine'), nella speranza e nel tentativo di verificare il grado di complessità e di approfondimento che un dibattito completamente aperto possa generare.

The website of Palinsesti invites you to leave a message or to propose a topic argument for the 2008 edition. Our idea is to focus and to structure the chaotic flowing of comments that we received in the last editions in this webpages. Moreover the main section of Palinsesti 2008 is the exhibition 'Knot_net' that, following its focus on networks of relation between people, objects or dates, suggests immediately to use Internet and its tools for debating. So this is the reason why we ask you to comment freely whatever argument you want, about artists, display sand sections (including the others 'In sesto' and 'The flagrant image'). We hope that the unrestricted nature of this comments area could improve the complexity of your and our opinion.

31 commenti a “Commenti”

  1. 1
    Marcello scrive:

    Mostra molto interessante, apprezzabile il percorso cittadino. Appena sufficiente il prosecco al buffet.

  2. 2
    sanvito scrive:

    Bene! Il primo commento, si comincia, come buona abitudine italiana, da una tavola e dal cibo, poi dovrebbe partire il dibattito.
    Ad esempio, come osserva Marcello: sarebbe interessante riscontrare se davvero il percorso in quattro sedi sia stimolante e se davvero questi spazi storici che San Vito offre (Castello, Ospedale dei Battuti, Ex-Essiccatoi Bozzoli, Palazzo Altan)-che vanno dal Medioevo all’archeologia industriale-, entrino in relazione con le opere d’arte contemporanea.
    Che ne pensate?

    Denis

  3. 3
    ivan dal cin scrive:

    La riflessione sullo spazio espositivo è sempre più importante: l’archeologia industriale si è vista applicata con successo da Venezia, a Kassel, a Manifesta quest’anno. A San Vito c’è l’opportunità di vedere insieme diversi tipi di spazio - industriale, storico, religioso, museale, naturale - che rendono l’esperienza dello spettatore sicuramente ricca. Un aneddoto per una buona visione: dopo la smaterializzazione reticolare che riempie l’ex Essiccatoio, con un site-specific quasi d’obbligo per il luogo, ai Battuti ho incontrato l’artista De Leonardis che diceva come oggi non abbia più senso fare un’arte intellettuale (= altra forma di potere), proponendo l’antidoto della “mano sinistra”, che non ha memoria, nè identità o personalità. Ecco che in uno spazio storico come i Battuti, dove ci si può attendere un altro site-specific, ne esce un intervento che intende cancellare le sofisticazioni di un’arte proiettata verso la rete concettuale dei sensi. Interessante…

  4. 4
    sanvito scrive:

    Grazie Ivan di questo incipit.
    Ovviamente tra ex-essiccatoi e Battuti esistono quest’anno differenze determinanti: archeologia industriale -spazio storico religioso; generazionali e tematiche (”Nodo_rete” da un lato “In sesto” dall’altro). Tutte differenze che arricchiscono appunto.
    L’aneddotto che racconti è curioso: ricordo che la “mano sinistra” è una storia della Transavanguardia e di Achille Bonito Oliva per lasciarsi alle spalle gli anni Settanta -ovviamente a sua volta l’elogio della mano sinistra ha radici più profonde e nel Novecento è stata chiamata in causa spesso come strumento anti-virtuosistico-.
    Tornando a noi dicevo vedo l’interpretazione degli spazi dei Battuti operata da De Leonardis come una forma mediana in cui l’essenzialità dei materiali e dei fenomeni che si intendono attivare, ereditata dall’Arte Povera, è commista ad un surplus intellettuale, se vogliamo a volte anche citazionistico. (vedi le lapidi di marmo fratturate esposte nella torre) Credo sia più che altro questa forma mista di attenzione spaziale primaria e senso storico che rende questo piano dei Battuti convincente.
    Per parlare dei son:DA, attendo qualche altro intervento al riguardo

    Denis Viva

  5. 5
    Gianni scrive:

    La sezione Nodo_Rete affronta un tema, anche nella parte a catalogo, che mi ha sempre stimolato: la fine dell’arte. Come si vede bene nella piccola esposizione di foto a Pordenone, l’artista che utilizzza i media di ultima generazione non può, nè immagino intenda distinguersi da un anonimo utente. E’ vano cercare un prosieguo della pittura in altre forme (digitali): la nostra sensibilità ha perduto sia la misura dello spazio che del tempo, oggi annullati dalla comunicazione. L’arte, nel tentativo di distinguersi, genera performances e spettacolo - ma cosa la distinguerà da una web tv di prossima generazione? E’ forse naturale/auspicabile che ritorni dunque la pittura - quella vera?

  6. 6
    Ivan Dal Cin scrive:

    Tutto dipende da che valore si assegna all’espressione “fine dell’arte”, che per me va in direzione di un aumento della complessità del sistema. Personalmente, ritengo ci dovrebbero essere MENO artisti di quelli che si vedono, perchè un artista vero funziona come un filtro sul reale: opera una sintesi, oppure pone quesiti essenziali. Un ritorno ad un pittura “vera” (che arrivi, cioè, in anticipo sul marketing) può essere utile, anche se ritengo sia l’elemento concettuale a fare differenza - elemento non strettamente legato alla pittura.

  7. 7
    sanvito scrive:

    Salve, benvenuto a Gianni, e grazie all’attento Ivan.
    [SULLA 5]
    Il rilancio tematico si fa estremo e complesso -a anche ardito per le possibilità di questa mostra!
    A mio parere la “morte dell’arte” (che ricordiamoci è pur sempre una teoria critica che possiede diverse accezioni, quella più vecchia di Argan e quella ora in auge di Arthur Danto, tutte comunque di ispirazione hegeliana) non è per forza correlata alla “morte della pittura”. La sopravvivenza dell’una non resuscita per forza l’altra. Credo di interpretare che la sezione “schermi” a Pordenone dedicata, in fondo, alla fotografia su superficie bidimensionale, ed insomma all’immagine costituita utilizzando la rete e la sovrapposizione collettiva, sia il focus della riflessione di “Gianni”. Dove sta la distinzione? Cioè, probabilmente, Gianni non vede una distinzione nè ottica, allo sguardo, né concettuale, dopo aver riflettutto, di queste foto in “schermi” rispetto al cosmo anonimo e massivo dell’immagine in internet e, soprattutto, rispetto ai risultati, secondo “Gianni” più convincenti, della pittura. Quando il problema della distinzione è sollevato, nell’arte contemporanea, rispunta il problema della salute dell’arte.

  8. 8
    sanvito scrive:

    Premettendo che ho diviso l’intervento in due tranches non perché intendo “rispondere” alle osservazioni e agli appunti di chi interviene. Bensì poichè intendo distinguere le due riflessioni che sono nate distintamente grazie a ciascun intervento.

    [SULLA 6]
    Il problema della distinzione, dicevo, è sollevato quando per chi osserva l’arte, tale distinzione non è autoevidente -difficile dare un significato concreto a ciò che ho detto!. In sostanza, è soltanto da qualche decennio che tale problema è diventato cruciale e che, per sommare un altro riferimento anche tra i detrattori dell’abbandono della pittura, l’arte è diventata un “oggetto ansioso”. Da qualche decennio a questa parte ci preoccupiamo di distinguere ciò che abbiamo di fronte in un museo da quello che potremmo casualmente trovare per strada. Nel catalogo ho scritto, nelle pagine conclusive, che questa mostra, rispetto a fenomeni più aperti e collettivi, come la net.art, non conduce una critica profonda e radicale al concetto di autorialità (cioè di autore unico e firmatario di un’opera) ma esplora una serie di esperimenti in cui esiste un autore-filtro. Sì così l’ho chiamato anch’io, proprio come Ivan.
    Credo che rispetto a questa scelta di presentare l’autore come un filtro in grado di selezionare nell’eccesso di stimoli odierni, la sezione “schermi” sia a metà. A metà tra una critica dell’autorialità e il presentarsi in una veste autoriale e risaputa come la cornice e la parete. L’immagine. Se ho individuato il problema che si sta discutendo, esso nasce da una radice tecnica: tutte le foto sono una sorta di postproduzione ricavata da internet. Da un internet letto come mezzo dell’intelligenza -ma anche della stupità- collettiva. Ma ora tale uso della postproduzione riconduce nell’alveo dell’immagine bidimensionale. Ciò lascia perplesso Gianni che non vede distinzione, a questo punto, con la pittura. Ciò è ritenuto da Ivan pur sempre una forma di filtraggio di sintesi del reale.

  9. 9
    Gianni scrive:

    Sì, in effetti il problema della distinzione è cruciale. Dico soprattutto per il ruolo dell’artista, la sua funzione. Non nego che ci siano dei dispositivi, messi in azione da net artisti ed altri operatori, che analizzino con intelligenza la realtà della comunicazione, però questo settore di analisi è molto ampio e si possono reperire fonti di indagine anche nella filosofia, nela cinema, e in certa critica. La distinzione della pittura è invece decisiva - appartiene solo all’arte. E come si sa, non è per forza più reale un’immagine utilizzata su Ebay di una figura dipinta - semmai è più frequentata (per non dire “di moda”…)

  10. 10
    frac77 scrive:

    Ma scusate, perchè insistere ancora sull’argomento della morte dell’arte? Al di là dei successi di mercato, una prova della sua salute è in questi giorni visibile alla Biennale architettura. Beh, si vede come certi studi utilizzino strategie che molto hanno in comune con il linguaggio dell’arte, questo perchè i linguaggi dell’arte contemporanea sono “potenti” - nel senso in cui lo sono certe teorie scientifiche - cioè hanno la capacità di descrivere un’ampia classe di fenomeni. Quindi io vedo l’apertura del contesto artistico in modo positivo, considerato poi che la pittura non è affatto morta. Mi pare che a San Vito ci siano diversi tentativi di aprire all’idea di “rete” senza usare direttamente la rete (web), ma continuando ad esporre opere nello spazio fisico. Una cosa convincente, soprattutto quando le opere rimandano alle reti più tradizionali - che magari un tempo non consideravamo nemmeno tali!

  11. 11
    anna f. scrive:

    perchè dite che non c’è abbastanza pittura? io ho trovato molto belle le opere anni ‘80 di Nata, che non avevo mai visto dal vivo, con quei toni così poco saturi, e la sala di Venuto. Per non parlare di Patelli: un altro tipo di pittura, più analitica, ma che testimonia anch’essa la forza e le ragioni del dipingere.

  12. 12
    gonzalo pirobutirro scrive:

    Non solo. La pittura sta ovunque: è l’erba sul pavimento al primo piano del Castello; sono i cunei arrugginiti appesi in diagonale lungo una parte dei Battuti; è naturamente il floor drawning dei sonda agli Essiccatoi - ma è anche, naturalmente, lo stendardo appeso al campanile di SVT, la copertina del catalogo, l’homepage di questo sito.

  13. 13
    sanvito scrive:

    Salve a tutti, sono contento che nel frattempo il dibattito sia andato avanti. Io ho fatto il mio turno di influenza questa settimana!
    Noto che è molto complesso capire chi siano gli utenti, alcuni forse sono dei doppioni, altri belle citazioni letterarie. E sempre per rimanere nel letterario, prenderò ciascun utente come un’unità esistente, un’unità come quelle che si sono in rete, o se volete come i tanti pseudonimi di Pessoa, tutti autonomi e autosufficienti.

  14. 14
    sanvito scrive:

    Vorrei soltanto appuntare alcune cose:
    [sulla morte dell'arte]
    spunta frequentemente nel dibattito grazie anche alle teorie di Arthur C. Danto, uno studioso di estetica, tra i più prestigiosi e che nell’ultimo biennio ha goduto di un crescente numero di traduzioni in italiano e di numeri monografici di riviste. Direi che per come l’argomento è stato da lui impostato, sia quasi inevitabile finire per affrontarlo, qualsiasi mostra si faccia. Dall’altro, invece, appunterei che nel mio intervento in catalogo il testo che ho chiamato “First life”, non avevo in realtà intenzione, nè l’ho fatto, di affrontare questo argomento. Se appare implicitamente esso è racchiuso nell’introduzione alla mostra in cui ho accennato ai criteri con i quali ho preparato il tema e ho invitato gli artisti.

  15. 15
    sanvito scrive:

    [sulla pittura]
    Per una serie di motivi il fatto che sia tirata in ballo l’opzione pittorica come “ancora valida” o “superata”, è un corollario del dibattito sulla mostra dell’arte. E’ ovvio che il problema è nato dalla sezione fotografica di Nodo_rete che si trova a Pordenone alla Fondazione Furlan, mentre mostre come “La Flagranza dell’immagine” o “In sesto” indagano ambiti diversi. La prima è storica e retrospettiva per cui indaga la pittura, ma solo negli anni Ottanta e in Friuli. La seconda invita a un confronto tra spazi architettonici e l’evoluzione di quelle che erano tre discipline come la pittura, divenuta ambientale, la scultura, divenuta un dispositivo installativo, o l’architettura-installazione.

  16. 16
    sanvito scrive:

    [sui son:DA]
    vedo che compare un commento sul lavoro dei son:DA agli ex-Essiccatoi. Mi fa molto piacere perchè avevo tenuto in riserbo il commento sul loro lavoro sino ad ulteriori. Ebbene, effettivamente di una forma di disegno si tratta, a mio avviso, non solo per il titolo, ma anche le piste, le tracce, i binari, gli incroci, e tutti quei valori giocati tra luce e superficie bidimensionale che questa installazione implica. Quindi in forma di segni e pattern nello spazio, se vogliamo partiti archittetonici. Ma non decorazione per un solo motivo: il lavoro è un work in progress, un progetto che i son:DA portano avanti da anni e che muta in base agli spazi. I cavi sono cablaggio, segno di connessione, elemento invadente (ancora per poco) delle tecnologie di trasmissione.

    Denis Viva

  17. 17
    MARIA GRAZIA scrive:

    BUONO SUI CAMPI INFORMATIVI,E BELLE LE MOSTRE,SE DEI PITTORI DESIDERANO FARE UNA MOSTRA NEI VOSTRI SPAZI MI DITE COME DOBBIAMO FARE?ESISTE UN MODULO, OPPURE BASTA MANDARVI UN E MAIL?INFO SPESE,GRAZIE INFINITE FORTINI.

  18. 18
    Barbara scrive:

    Molto bella la sezione Nodo-rete, leggibile anche se non ho ancora letto il catalogo… tema affascinante.. http://www.documenta12.de/uebersichtsdetails.html?L=1&gk=A&level=&knr=13
    http://www.documenta12.de/uebersichtsdetails.html?L=0&gk=A&level=&knr=66
    http://www.hellokassel.de/index-fotos.html

  19. 19
    sanvito scrive:

    Salve, ringrazio Barbara
    per i complimenti. Ovviamente gli spazi sono del Comune di San Vito al Tagliamento e bisognerebbe contattare il suo Ufficio Cultura. Ma, personalmente se posso dare un consiglio, non credo che auto-proporsi sia la soluzione migliore.

  20. 20
    sanvito scrive:

    Scusate mi riferivo a Maria Grazia.
    Ringrazio anche Barbara ovviamente e sarei curioso di sapere perché ha inserito i link a Documenta.
    A presto
    Denis Viva

  21. 21
    Barbara scrive:

    Nella sezione Tessuti mi sono venute in mente le opere di Mira Schendel (in particolare quella esposta a documenta) mentre Usefull Photography #2 risuonava nel lavoro di Luis Jacob (per quanto si tratti di operazioni e risultati profondamente diversi) e poi anche Sheela Gowda.. Accostamenti istintivi per analogia, seguo il concept (se mi passi il termine)

  22. 22
    sanvito scrive:

    Barbara è un’attenta osservatrice, alcune cose di Documenta XII non le ricordavo, pur avendola visitata e pur essendo anch’io rimasto impressionato da lavori come quelli di Sheela Gowda. Certo lì c’è una sensibilità e un senso spirituale molto diverso e poi, sebbene astratto, il percorso fragile della Gowda, è più complesso e possiede valori formali più autonomi. Lisa Novello qui al castello su pattern ripetitivi, ricami che hanno perso le loro radici formali tanto si sono tramandati. Non nascondo però che l’idea di porre la cenere sul pavimento libera, cosa peraltro che Lisa intendeva fare sin dall’inizio, mi ha convinto anche per aver avuto negli occhi l’esperienza della sala della Gowda. L’idea qui a San Vito era però che il ricamo si rovinasse col tempo, col passaggio dei visitatori. E’ rimasto “recintato” all’inaugurazione per evitare che il caos di persone provocasse pestoni e impronte su un lavoro che va visto in uno spazio intimo e in un’esperienza solitaria.

  23. 23
    sanvito scrive:

    Useful Photography è un progetto di accumulo immagini che ha la stessa progettualità seriale degli anni Settanta e quindi di molte operazioni fotografiche proposte anche a Documenta XII. Tuttavia è interessante come l’unità dell’idea si quella di pescare dal bacino eterogeneo di ebay, del popolare, della varietas immotivata.

  24. 24
    sanvito scrive:

    Scusatemi più che progettualità seriale anche “documentaria” asettica, predisposta ad accumulare le immagini secondo criteri prestabiliti.
    La sezione tessuti raccoglie poi esperienze che hanno radici e sensibilità molto profonde e tanto battute nel Novecento, per cui anche qui è difficile ripercorrere a ritroso tutti i riferimenti possibili. Ma Barbara ha visto bene almeno nei casi in cui la forma viene lasciata libera di esistere e pesare su sé stessa, una sensibilità che deriva dall’Anti-form, dall’immaginazione proto-organica di Eva Hesse e chissà da quant’altre cose.

    Denis Viva

  25. 25
    Barbara scrive:

    Certo la poesia della Gowda è decisamente più tragica… data la genesi del suo lavoro… in effetti per la mia personale sensibilità questo genere di lavoro rimane più efficace.
    Una curiosità: l’anno scorso avevate dato agli artisti la possibilità di inviarvi il cv… com’è andata? avete ricevuto tante adesioni? avete avuto sorprese belle o brutte?

  26. 26
    sanvito scrive:

    Si era un esperimento come questo dei commenti. Si chiamava “Genius Loci” ma non ha partorito grandi proposte, come ripetevo in altri casi, l’auto-promozione è una forma che funziona poco, ma almeno abbiamo tentato. come quest’anno con i commenti liberi che hanno generato però poco dibattito, breve e pochi messaggi, almeno dal mio punto di vista.
    Denis

  27. 27
    Puni scrive:

    Sono ritornata recentemente a San Vito. Ed essendosi decantati i giorni del lavoro e dell’apertura ho potuto ripercorrere la mostra con un’energia diversa. Nell’insieme e nelle sue parti, a mio avviso, la mostra rispecchia proprio gli intenti dichiarati e il rigore cui fa riferimento Alessandro del Puppo nell’Introduzione al catalogo. Chiara anche la leggibilità della “mossa” piuttosto che della “direzione” come Denis Viva segnala in First Life, sempre nel catalogo.
    Sedi e opere instaurano un dialogo misurato e di reciproca attenzione, con rimandi che valorizzano entrambe. Personalmente poi ritengo, in base all’esperienza vissuta, che la mostra riflette anche la cura e la professionalità, nonché il garbo, di ciascun attore/attrice che vi ha contribuito (ci tenevo davvero a dirlo pubblicamente). Non è sempre facile decidere di intervenire nel discorso, ma la precisa coerenza di questo sito con la mostra stessa, allevia i dubbi. Come lettrice poi di quanto viene qui scritto, spero di trovare sempre nuovi interventi.

  28. 28
    sanvito scrive:

    Ciao a tutti vi ricordo che l’1 novembre alle ore 11.00 al teatro di San Vito al Tagliamento, Teatro annigoni ci sarà l’incontro con Vidali e Caldura e gli interventi di chi voglia intervenire. Per dare un seguito a questi commenti sparsi sul web.
    Denis

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