Le ottocentesche Carceri asburgiche, dopo l’accurato restauro a cui sono state sottoposte, sono destinate a diventare Casa della Poesia, a dare testimonianza del vivere degli uomini per il tramite dei versi. L’attuale mostra prefigura tale futuro compito con un allestimento organico e unitario, articolato in due sezioni.

Al pianoterra e per gran parte del primo piano dell’edificio, l’installazione di Gianni Pasotti si confronta con il rumore a volte assordante del mondo per indicare nella poesia la via del riscatto più intimo e vero. L’artista ha collocato nelle diverse celle (qui simbolo di una prigione del senso) alcune virgole, dei segni-oggetto: essi rinviano al più breve segno di pausa, di intervallo della voce, ma anche, più in generale, al linguaggio verbale. La loro rarefazione, di cella in cella, vuole segnalare il processo di distillazione della parola portato avanti dalla poesia, sia pure in una condizione di resistenza e di lotta semiclandestina.

In una stanza al primo piano, infine, la video-intervista a Pierluigi Cappello per la regia di Paolo Comuzzi permette di confrontarsi direttamente con i versi e la poetica di un grande autore la cui opera “sta dentro due lingue”, il friulano e l’italiano.