Prosegue l’interrogazione che da tempo Paolo Meoni conduce sull’attualità della fotografia e sul suo statuto. Ricerca portata avanti dall’artista soprattutto tramite il medium fotografico e il video (più che mai inteso come fotografia in movimento), usati spesso e volentieri in un rapporto dialettico e chiastico. Sovente infatti Meoni perviene ad esiti fotografici in una sequenza videografica come per Bound (2008) o tematizzata letteralmente l’immagine fotografica come in Rewind (2011) fino ad ‘animare gli scatti’ in Unità residenziale d’osservazione (2009). Ma l’indagine di Meoni è condotta anche con strumenti “altri” ma sempre caratterizzati da una certa “indicalità fotografica” di cui sfrutta le potenzialità creative in senso metalinguistico. Si pensi all’uso dello scanner in Streams (2007) o Volumi (2013).

Nel trittico Polaroid (2013), l’emblema dell’istantanea prêt-à-porter è totalmente messo in scacco e con esso la mimesi fotografica. Disarticolando e rovesciando in fase di sviluppo le singole polaroid esposte alla luce, Meoni mette letteralmente in quadro la matrice fisico-chimica della foto, richiamando di fatto il procedimento fotografico. Approda ad esiti estetici che evocano alla mente forse l’astrazione o l’informale pittorico ma denegano certamente ogni prelievo del reale.

Nella serie Nuits saint nuit (2010) – che riecheggia l’omonima antologia onirica di Michiel Leiris non solo nel titolo – Meoni affievolisce al massimo il rapporto di somiglianza tra segno e referente reale e gioca con la sua natura di traccia, esaltandone il valore estetico: un miraggio di scintille su un fondo di tenebra, tra sogno e veglia, realtà ed immaginazione. Immortala letteralmente la pulsione scopica pura divenuta epifania.
Classe 1961, Meoni vive e opera in Prato e non stupisce perciò che sovente nel suo lavoro siano presentate in modo insistito le continue trasformazioni cui vanno in contro le nostre periferie metropolitane a causa dello sviluppo (o inviluppo) industriale che le sta investendo.