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Anna Pontel, Odologia dei clasti, 2017
gesso, argilla, acqua di fiume, ampolle di vetro
dimensioni variabili
courtesy dell’artista

Anna Pontel

Gesso, argilla ed acqua di fiume. Così Anna Pontel ha plasmato i suoi personalissimi “claps tal Tiliment”, 7 sculture-_menhir_ al centro dell’installazione Odologia dei clasti (2017). Un’opera inedita, realizzata ad hoc per la rassegna di quest’anno, occasione per l’artista friulana di esplorare nuove traiettorie di ricerca.
“Odologia” – dal greco “οδος” (hodos) strada, percorso – indica l’itinerario. “Clasto” – dal greco “κλαστός” (klastos) spezzato, rotto, sminuzzato– è il nome scientifico per ciottoli e sassi di fiume. I menhir divengono simboli di erranza e testimoniano il viaggio compiuto dall’artista dalla sorgente alla foce, lungo il Tagliamento – fiume che bagna San Vito – alla ricerca di siti paesaggisticamente o storicamente salienti. Ad ogni tappa, Pontel ha prelevato dell’acqua di fiume, poi riposta in ampolle ed usata per dare forma alle sue concrezioni pseudo-rocciose. Le sette sculture-menhir sono rese dalla più spigolosa, grezza e sfaccettata alla più levigata ed arrotondata. A testimoniare un’evoluzione avvenuta. I claps nel corso del fiume si modellano gli uni sugli altri, per erosione reciproca. Così l’identità di ciascuno di noi, nell’interrelazione con l’altro e nel fluire della vita, smussa le proprie spigolosità. Pontel abbandona per un momento gli abiti senza corpo e gli accessori rigidi fuori scala, le morbide sculture da compagnia, i parossistici complementi d’arredo e gli altri suoi artefatti dal carattere ludico e provocatorio. Mette da parte anche fili, stoffe, spugne, ferri da uncinetto ed aghi. Ma il tema dell’abito come involucro vuoto da riempire permane. Così come la prassi creativa con cui perviene all’esito finale. I menhir sono infatti ricavati colando l’impasto morbido entro stampi in cartone modellati (ma non modulari), ottenuti con il tradizionale metodo costruttivo di Pontel del “cristallo sfaccettato”. L’artista lavora poi chiaramente con una forma mentis o habitus mentale di tipo sartoriale, “ritagliando” il suo intervento su misura della rassegna, con tempo e manualità artigianale.
Soprattutto Anna Pontel non rinuncia ad interrogarsi e interrogarci sul tema a lei assai caro del vuoto, inteso come spazio interpretativo lasciato al visitatore. Di per sè stessi pieni, i clasti sono scanditi da una distanza ritmata, lasciando al visitatore d’immaginare lo iato tra un sasso e l’altro, di inventare lo sviluppo narrativo intercorso, il passaggio di status.