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Carlo Vidoni, Honey Islands, 2017 (dettaglio)
cera d’api, miele, legno
dimensioni di ciascun elemento: 200x30x100 cm, 200x30x90 cm, 200x30x80 cm
courtesy dell’artista

Carlo Vidoni

Carlo Vidoni partecipa a quest’edizione di Palinsesti con due opere pensate ad hoc per la rassegna, che costituiscono un interessante rilancio nel suo corpus creativo e una perfetta esemplificazione della ricerca estetica condotta sinora.

Nell’installazione site specific intitolata Attraversamento (2017), Vidoni ripropone alcuni dei vocaboli più insistiti della sua produzione: le radici e i rami. Affastellati in un ordine caotico essi occupano un interspazio nel muro divisorio tra due stanze del castello. L’intervento nasce dall’incontro epifanico dell’artista con questo misterioso pertugio nel muro, che ha suscitato curiosità e fascinazione con la sua condizione di liminalità, l’essere tra, trait d’union tra due spazi, generando sorpresa e straniamento. Vidoni persegue con la sua solita ironia l’intento di perturbare, senza turbare, il visitatore: siamo di fronte all’irruzione della natura nel domestico? Al ritorno di un rimosso (ancestrale) entro gli spazi del Castello?

L’opera Honey Islands (2017) è anch’essa proposta al pubblico per la prima volta: l’artista friulano inaugura infatti qui un suo nuovo progetto, frutto di lunga meditazione e che ha come protagoniste le api. I delicati favi, con le loro geometrie perfette, sono disposti su piani di legno modellato e incerato ed immersi nel miele viscoso e profumato. Oltre il gioco metalinguistico della scultura nella scultura, è l’urgenza del messaggio che preme all’artista nel realizzare questo lavoro a portata di mano e a misura d’uomo. Annullando le distanze, Vidoni ci invita ad un’esperienza interattiva, tattile, olfattiva. L’installazione funge da catalizzatore sensoriale per una nostra reazione. L’evocazione, benché garbata, è ovviamente al tema grave ed urgente della moria dei preziosi insetti, la cui esistenza è fondamentale per la sussistenza del pianeta e della sua biodiversità.
L’auspicio per un recupero trionfante della physis lascia in quest’opera il posto all’inquietudine per la scomparsa irreversibile della stessa. Il gusto per l’inevitabile e ciclico disfacimento si contrappone al monito di un futuro negato. Ritroviamo così tutte le coppie antinomiche care all’estetica di Vidoni – animale/vegetale, naturale/antropico, natura/artificio, natura/cultura, assenza/presenza – ed il loro peculiare superamento, ma in diverso atteggiamento critico.
In entrambe le opere, Vidoni ribadisce come la natura non sia un “altro” fuori da noi, su cui proiettare timori e desideri in modo transferale, ma parte fondante del nostro essere, materiale e spirituale.