Nodo_rete

Carlo Gloria

La città cablata, 2008
Installazione, ferro, stampe fotografiche, video, dimensioni variabili.

Le ortogonali su cui si struttura la città di Carlo Gloria, la verticalità dei grattacieli e la distesa orizzontale dei cavi a terra, non delineano uno spazio tangibile, né forniscono riferimenti e coordinate di posizione.

La concentrazione abitativa delle architetture simbolo della moderna metropoli si liquefa dentro un mare di flussi informativi, nel groviglio di cavi che collegano i quattro schermi su cui scorrono le immagini di anonimi passanti. I grattacieli restano impenetrabili, respingono lo sguardo che vorrebbe leggerne le interiora ma rimane irretito nel gioco di effetti speculari e geometrie caleidoscopiche che ne rivestono le lisce superfici. Ciò che emerge e si rende marcatamente visibile è invece il cablaggio, la rete di cavi che connette parti di città sempre meno ‘topografiche’ e sempre più oggetto di una ‘toposcopia’ cieca.

I terminali di questa rete sono gli abitanti della città, presenze virtuali e stereotipate che gestiscono i flussi del trasferimento informatico, in un continuo incremento delle potenzialità dei sistemi di comunicazione.
La città diventa un circuito elettrico, visibile principalmente da una prospettiva aerea e orizzontale; le distanze si annullano e cambiano radicalmente le modalità di lettura degli spazi attraverso il ribaltamento della visione provocato dalla ubiquità delle telecomunicazioni e dalla telepresenza in tempo reale, in un disorientamento della percezione e un isolamento delle figure umane, sagomate entro schermate video di un biancore accecante.

Carlo Gloria’s city is patterned with orthogonal lines: skyscrapers’ uprightness and cables’ horizontal expanse on the ground; but these lines do not define a tangible space, without giving grid-references. Housing concentration of skyscrapers, which are modern metropolis’ signs, liquefies into a sea of informative flows, into the cables’ tangle that links four screens on which unknown passers-by’s images run. Skyscrapers remain impenetrable, they reject any glance trying to read inner parts of them; glance is captured into mirror effects and kaleidoscopical geometries which cover architectures’ smooth surfaces. But what comes out and becomes strongly visible is the wiring, the cable’s net which links city’s areas, areas which are less and less “topographical” and more and more object of a blind “toposcopy”. City inhabitants are net’s endings, they are virtual and stereotyped presences and they deal with information transfer, in a constant increase of communication systems. City becomes an electric circuit, above all it is visible mostly from an aerial and horizontal view; distances cancel each other out and radically change ways of reading space, with eyesight turnover caused by telecomms ubiquity and by “telepresence” in real time. There is perception’s disorientation while human figures are isolated and outlined into blinding white video screens.

Alessandra Tempesti
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