La flagranza dell'immagine

Franco Ule

Why not?, 1982
tecnica mista su tela, cm. 160x157

Ule, in pittura, ha ricevuto una prima erudizione tecnica presso l’Istituto d’Arte di Venezia; in seguito, però, ha preferito non continuare sulla strada accademica. Alla fine degli anni Settanta la sua attività espositiva ha avuto quale teatro La Cappella Underground di Trieste. Una foto, del 1977, conservata dall’artista, ricorda una delle sue prime esposizioni in cui, lungo l’intera parete, si dispiegavano grandi pitture. Ule era intervenuto con elementi grafici e grafie che si richiamavano ad un primitivo coniugarsi di astratto e figurativo.

Risale al 1984 una nota in cui Ule spiegava la propria azione pittorica come il momento in cui aggredire la tela, la parete, per crearsi un fragile involucro protettivo o trasformare la stanza. Questo è un momento illusorio di una realtà artificiale, un’euforia di corpi che scivolano nello spazio. Innegabile il suo voluto richiamo alla situazione dei ‘nuovi selvaggi’ d’oltrealpe, in parallelo a quanto, nell’esposizione Il rischio della pittura del 1985, si cercava di tracciare nel panorama composto dalla pluralità di voci - transavanguardia, anacronismo, neoespressionismo - della pittura in regione. Il filo rosso dell’intero percorso di Ule è calato nel solco nero e profondo di un’espressività immediata e guizzante, intensa e calda. Il suo ’neoespressionismo’, negli anni Ottanta, è una rivisitazione di un certo espressionismo americano di matrice astratta.

Importante è soffermarsi sull’attenzione di Ule per il colore e sull’utilizzo di una tecnica mista, grazie a cui la pittura si libera in masse magmatiche o in poderosi tracciati, a cui si intersecano alfabeti primitivi. Questi ultimi sono sintesi di dati captati dalla realtà e, incisi su fondo monocromo, si accompagnano a primitive figurazioni antropomorfe. Le stesse caratteristiche pittoriche resistono per l’intera decade e ritornano in molte opere che, quando hanno un titolo come il quadro Why not?, porgono all’osservatore una richiesta di complicità, con un disinvolto ammiccamento. Ule, in tal modo, non cerca di stemperare una forte propensione alla violenza espressiva, anzi la sua è spesso un’aggressiva risposta alle tare esistenziali del comune sentire borghese.

Giovanni Rubino
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