Tra i vari rovelli fenomenologici che animano la ricerca di Caterina Rossato vi è quello di una certa ossessione per le fotografie non scattate, immagini catturate solo dagli occhi, che persistono o sussistono oltre la visione scopica, oltre il puro percetto, nella nostra mente. Con le sue composizioni (digitali o analogiche) l’artista cerca di far esistere queste immagini immateriali, dando loro corpo attraverso una visione che si fa combinatoria.

È questa la genesi di lavori come Esercizio n.8/Greetings (2008). L’artista letteralmente ritaglia profili orografici, dettagli topografici, entità naturali e antropiche (montagne, valli, case, monumenti, strade) ricavandole da vecchie cartoline postali collezionate nel tempo e organizzate scrupolosamente per forma e colore. Assembla quindi i ritagli secondo una stringente logica estetico-cromatica, distribuendoli rigorosamente in scala di piani. Ciò che ne risulta, in tutta la sua consistenza materiale, è un collage di immagini, una veduta neo-piranesiana, un paesaggio (bergsonianamente) virtuale, denso di memorie e rappresentazioni che si con-fondono. Un orizzonte plausibile certo ma una geografia immaginaria che ha perso qualsiasi legame spazio-temporale con la realtà, pur essendo il prodotto di molteplici dettagli reali. Allomnesie, dejà vu, faux souvenirs. Souvenir, oggetti-ricordo per mnémophile, feticci per solleticare la memoria, come le cartoline: greetings cards, appunto. I lavori di Caterina Rossato implicano spesso il ricorso ad una sorta di sguardo “attivatore” dell’osservatore, tra inferenze, interferenze, riconoscimenti e straniamenti. Così ecco che è lasciato allo spettatore decifrare l’entità bianca e perturbante – nuvola o banco di nebbia che sia – che attraversa il paesaggio immoto del video White/Studio n. 1 (2016). Gli anni dedicati agli studi pianistici hanno influenzato il suo rigoroso metodo di lavoro, che sta sempre in equilibrio tra variazione e coazione a ripetere.