Claudio Borghi

La ricerca artistica di Claudio Borghi è presentata in mostra con un unico gruppo scultoreo, composto da quattro singole strutture che possono essere lette come un’opera unica, e che a seconda della loro disposizione nello spazio possono presentarsi come un allestimento ambientale di opere autonome o come un insieme unitario. È questo un tratto tipico del lavoro dell’artista brianzolo. Come scultore astratto, si inserisce in una tradizione lombarda che negli anni ha riflettuto su forme semplici, di vocazione architettonica, senza però rinunciare a un rapporto con lo spazio circostante e con la natura, spesso rievocata più che raffigurata.

L’opera esposta è presentata con un doppio titolo: Hazness (Frontone). Hazness consiste in un termine ricorrente nell’opera e negli scritti dell’autore, che nasce da un gioco di parole originato dalla dicitura “senza titolo”, molto utilizzata dagli artisti contemporanei. La parola “senza” viene di volta in volta modificata da Borghi in modi diversi, scrivendola al contrario e aggiungendo alcune lettere, come la “h”, che possono creare ambiguità linguistiche e di comunicazione. Ad esempio, haziness in inglese significa nebulosità. L’attenzione di Borghi sul termine hazness, che assumerà un valore molto significativo nella sua produzione artistica, ci riporta all’importanza che lo scultore riserva alla scelta dei titoli per le sue opere, mai casuali. 

Il secondo titolo è invece Frontone, il quale, in maniera più esplicita, costituisce l’idea alla base della composizione, ovvero l’immagine di partenza che ha portato alla definizione dell’intero complesso, suddiviso in quattro sezioni irregolari e inclinate, ma pensate per essere eventualmente avvicinate a costituire un timpano ideale. Esposte all’interno del tempio moderno, la chiesa, le sculture di Borghi si rifanno al frontone dell’antico tempio greco, struttura architettonica che ha generato l’intero processo creativo. Tuttavia, ogni frammento gode di una propria autonomia, il che permette di esporre ciascun elemento dell’insieme in maniera libera, alla ricerca del proprio equilibrio e della propria espressione nello spazio, allo stesso modo in cui oggi si possono ammirare i resti mutili dei capolavori fidiaci per il Partenone, le cui forme musealizzate assumono, nel loro stato di frammento, valori astratti. Così le quattro sculture di Borghi, se lette all’interno di un ideale frontone di un tempio, rivelano all’osservatore retaggi antropomorfi, fino ad assumere, nello spazio della chiesa, lo status di rovina moderna. L’artista, attivo soprattutto a partire dalla fine degli anni Ottanta, sembra quindi richiamarsi ad alcune esperienze artistiche del Dopoguerra, facendo propria la lezione di certi grandi maestri. Infatti, non fu l’unico a richiamarsi all’architettura antica, trasfigurandola nella scultura; si possono ricordare, esempio fra tutti, alcuni dei più suggestivi lavori del maestro britannico Anthony Caro. La lezione dell’antico risulta quindi fondamentale nell’opera dell’artista e lo stesso Borghi rivela come la prima volta che comprese l’importanza del vuoto in scultura fu proprio quando al liceo gli vennero mostrati gli spazi fra le dita e i peli della barba dei Bronzi di Riace.

È già stata del resto più volte evidenziata l’importanza del vuoto e del silenzio quale origine stessa del processo creativo di Borghi. Si tratta di una condizione necessaria per la realizzazione delle sue opere, in quanto è il vuoto che scandisce lo spazio in cui i volumi prendono forma ed entrano in relazione fra di loro. Le sculture si trovano in questa mostra a comporre un ciclo unitario all’interno di un ambiente pregnante e significativo, in cui entrano in relazione non solo con lo spettatore, ma soprattutto con le pitture parietali di Pomponio Amalteo e con lo spazio stesso della chiesa. In questo modo, si crea un dialogo complesso all’interno del quale gli spazi vuoti attorno alle opere acquisiscono rilevanza per le trame visive che intrecciano pittura e architettura con le sculture contemporanee.  Se queste trovano ogni volta la loro contestualizzazione nello spazio in cui sono poste è perché per Borghi quanto circonda la materia e i volumi risulta tanto importante quanto la forma delle sculture stesse. In questo caso le quattro opere sono caratterizzate da superfici realizzate in acciaio corten e saldate tra loro a formare diversi piani sovrapposti di volumi cubici. Il materiale di elezione dell’artista è quindi anche in questa occasione il ferro, a partire dal quale compone le proprie strutture.

Serenella Todesco

Hazness (Frontone), 2020
acciaio corten 4 elementi
186x110x50 cm - 185x90x50 cm (dettaglio)

Hazness (Frontone), 2020
acciaio corten 4 elementi
186x110x50 cm - 185x90x50 cm (orizzontale)