Mappe di colore

Tetsuro Shimizu

La pittura di Tetsuro Shimizu può essere definita come un processo di variazioni sul tema del colore, in cui ogni opera rappresenta un’originale riflessione sull’incontro tra pigmento e superficie. Ciascun dipinto è un unicum, in cui suggestioni visive ed emotive si traducono in un rinnovato rapporto tra il colore, che assume l’aspetto di un flusso con una propria direzione e un certo ritmo, e la forma non ortogonale della tela. Questa infatti non è una superficie inerme e neutrale che accoglie la pittura, ma viene intesa come elemento partecipe alla costruzione dell’opera: il profilo mistilineo e l’inserimento di fenditure e torsioni – ovvero dei tagli interni al dipinto e delle proiezioni di questi ultimi – interagiscono con l’andamento del colore e successivamente con la parete. L’intento dell’artista giapponese è di far dialogare la realtà fisica (rappresentata dalla tinta, dal telaio sagomato e dal muro) con la dimensione concettuale della pittura. Le stesse fenditure vengono intese non tanto come tagli, piuttosto come l’inserimento del mondo reale entro quello pittorico. In questo senso Shimizu riconosce al colore un doppio statuto: esso è pigmento e successivamente immagine quando viene steso sul supporto, legandosi al pensiero e alla sensibilità prima del pittore e conseguentemente del fruitore.

Il contatto tra l’opera, l’ambiente espositivo e l’osservatore è reso possibile dall’effetto espansivo ed immersivo della pittura, a sua volta risultante dalla sagomatura della tela e dalla stratificazione del colore. La stesura sviluppata da Shimizu si compone infatti di brevi pennellate sovrapposte delle tonalità del colore dominante, che interagendo con tratti di colori differenti, introducono un rapporto di nascondimenti e affioramenti tra i pigmenti. È l’incontro tra le tinte a rendere mutevole la percezione della superficie pittorica, suggerendo inoltre rallentamenti e accelerazioni attraverso la variazione di densità e luminosità. Il colore sembra assumere dunque l’aspetto di un flusso e, risparmiando alcune porzioni del supporto (che rimangono grezze oppure vengono parzialmente dipinte con colori terrosi), sembra acquisire un ritmo e di conseguenza un movimento. L’apparenza dinamica e vibrante suggerisce una continuità virtuale della pittura oltre i limiti del telaio, e ciò si lega al fatto che l’osservatore è costretto a spostare il suo occhio da un punto all’altro della tela, seguendo il movimento cromatico, per cercare di cogliere ogni sfumatura.

La fedeltà dell’artista ad una certa idea di artigianalità, intesa come la volontà di entrare a stretto contatto con la pittura, riconosciuta come un mezzo riflessivo, si esprime non solo nella sagomatura del telaio, realizzata dallo stesso pittore, ma anche nell’uso delle tecniche tradizionali. In particolare Shimizu adotta la tempera grassa, tipica di Tiziano, che aveva appreso in Giappone attraverso l’eredità di Antonio Fontanesi, il quale fu chiamato a insegnare nel paese nipponico nell’ultimo quarto dell’Ottocento. Il recupero della tecnica cinquecentesca non avviene in termini anacronistici, piuttosto essa diventa un ulteriore strumento di meditazione e di originalità. L’artista è solito preparare la tela, generalmente di canapa, con la colla di coniglio, a cui appone la tempera grassa e successivamente i colori ad olio. L’adozione di questa tipologia tecnica, accanto alla sovrapposizione delle pennellate, determina un certo grado di corposità e sensualità del colore affine alle ultime opere di Tiziano. Tuttavia, rispetto a quest’ultimo, queste qualità non sono dovute ad una pellicola pittorica rilevata, ma all’effetto di vibrazione e di palpabilità ottenuto grazie alla stratificazione, la stessa che Gottardo Ortelli, pittore della provincia di Varese e suo docente a Brera, aveva sperimentato nell’ultima fase della sua produzione. È l’insieme di questi elementi che permettono di definire le opere di Shimizu come dipinti dalle potenzialità ambientali: il telaio sagomato, il colore che sembra fluire al di fuori dei limiti del dipinto, e la tipologia di stesura pittorica permettono di giungere ad un’impressione di dilatazione della superficie. La sensazione immersiva determina un coinvolgimento del fruitore, che è chiamato a leggere i dipinti facendo scorrere la propria immaginazione. Le opere non alludono a delle forme predeterminate, piuttosto – come spesso suggeriscono i titoli dal carattere evocativo – sono figlie di suggestioni atmosferiche ed emotive. La pittura per Shimizu diventa un’occasione di riflessione e di estrapolazione di uno stato d’animo, dando corpo al pigmento. I suoi dipinti si aprono all’ambiente e al pubblico parlando di sé e del suo autore, sta poi al fruitore interpretare e vivere ciò che il colore istintivamente gli suggerisce.

Tetsuro Shimizu, Trauma T-16, 2002
olio su tela
140x110 cm

Tetsuro Shimizu, Galassia T-15, 2012
olio su tela
80x120 cm

Tetsuro Shimizu, Sospiro T-27, 2009
olio su tela
110x90 cm