La flagranza dell'immagine

Giancarlo Venuto

Die Zauberflöte, 1987

Nel 1987 Giancarlo Venuto elabora il vasto ciclo intitolato Die Zauberflöte (Il flauto magico) che, nel settembre dell’anno successivo, viene esposto alla Galleria Il Cavallino di Venezia. Il tema ispirato all’opera mozartiana è stato sviluppato dall’artista senza ricorrere a precisi riferimenti narrativi o didascalici; piuttosto evocando la storia di Tamino e Pamina in complesse partiture pittoriche e grafiche volte ad occupare quasi per intero lo spazio che le ospita. Sono quattro i momenti principali in cui si articola il lavoro: la serie, dipinta all’acquerello, dove compaiono carnosi fiori e piante ancora perfettamente leggibili; quella, denominata La notte (Nigredo), interamente condotta a carboncino, dove il riferimento al mondo naturale si tramuta in immagini dalla scoperta connotazione sessuale; Apoteosi, dipinta di nero su una base dorata; infine il grande paravento centrale, a sua volta scandito in altre tre porzioni, dove su un fondo oro, come in uno spazio amniotico, galleggiano sinuose forme vegetali e un profilo capovolto, allusione ad Orfeo e al suo mito che, quindi, va ad aggiungersi alla storia del Die Zauberflöte.

Assecondando un linguaggio in bilico tra figurazione e astrazione, l’opera di Venuto è costruita da immagini che si offrono a più livelli di lettura: benché non escludano una componente decorativa, è il loro carattere notturno e metamorfico a venire maggiormente esaltato. Ogni dettaglio, talora ingigantito da improvvise zoomate, allude sempre ad altro: il vero soggetto dell’opera, allora, è un grande processo naturalistico. Le forme si ibridano e contaminano tra loro sfruttando un concettoso sistema di analogie concatenate e di simpatie tra l’umano e il vegetale, rivelando, alla fine, una sensibilità apertamente panica.

I rimandi stilistici sono molteplici e disparati: da Monet al simbolismo; dai fondi oro della secessione viennese agli acquerelli di Nolde, per arrivare, specie nella serie vergata a carboncino, a certa cultura fumettistica contemporanea. Un simile eclettismo di riferimenti palesa in parte la precedente stagione di Venuto, quella più propriamente “citazionista” dove la figurazione traeva puntualmente spunto da brani desunti dalla storia dell’arte del passato. In Die Zauberflöte permane il gusto per uno sguardo retrospettivo, elaborato però secondo una sensibilità più meditata, e trova un ulteriore sviluppo la suggestione per la componente alchemica, topos tematico di molta pittura e letteratura critica degli anni Ottanta.

Fabio Belloni
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