In sesto

Paolo Patelli

Cerchi la luce, 2008

Patelli dipinge dagli anni cinquanta. Nel suo lavoro si può leggere il decorso di oltre mezzo secolo di pittura: dall’informale allo hard edge alla nuova pittura. Ma il tentativo di imbrigliarlo in clichè o categorie è rimasto disatteso. La sostanza fluida e la natura anfibia della sua pittura restano disponibili soltanto ad uno scrutinio empirico. Un quadro ben fatto, in qualche modo, funziona. Patella ha affermato, e non da ora, la necessità di aprirsi una strada dentro il materiale: “Tutto, tutto sta conducendo ad un luogo in cui sia possibile ottenere una densità tale del colore materia che da solo, senza artifici o inganni ottici, vada oltre la bidimensionalità”.

L’opera di Patelli è pittura che vuole farsi scrittura. La tela non è un limite; c’è invece un’idea di continuità potenziale, che identifica come vero confine del quadro non il bordo del supporto, ma la coscienza del suo compimento. (Quando possiamo considerare concluso un quadro astratto?). Allo stesso tempo, l’opera di Patelli ricusa l’esperienza purificata del medium pittorico. Nelle sue opere compare non di rado un buco, una feritoia, una cesura drammatica, in grado di arginare il pericolo al cedimento decorativo e ad un’omogenea piacevolezza dell’insieme.

Non di rado Patelli lavora con tele sagomate e formati inusitati. Lo schermo, inteso come rettangolo visivo, dispositivo illusionistico del campo ottico, cede talora spazio alla sagoma, all’oggetto concreto e fluttuante, che stabilisce il limite empirico del supporto e, in tal modo, le regole del gioco: il perimetro del campo entro cui l’esercizio della memoria pittorica, fra estensione e delimitazione, può rinvigorirsi e trarre nuove formulazioni. Anche l’improvvisazione jazz, che Patella ha sovente menzionato come modello creativo, prende forma da una struttura, erompe da uno schema, trionfa come tale in assonanza o dissonanza rispetto ad una tessitura di fondo, una trama connettiva. Ogni libertà non è priva di regole, ma ha modo di proclamare le sue.

Alessandro Del Puppo
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