In sesto

Federico De Leonardis

Coni d’ombra II, 2007
Cumulo di mazze e cunei di cava con filo a piombo.

Come un archeologo contemporaneo, De Leonardis frequenta i luoghi del lavoro umano come le cave e le fabbriche abbandonate o il lavorio incessante della natura sugli arenili. I materiali che raccoglie alterati dal tempo, privi della funzione originaria, li lascia in silenziosa attesa nel suo studio. I segni sui frammenti di carta ci aiutano ad evadere dal "carcere", dai limiti del quadro come dalle quattro mura. A fare il vuoto, toglierci di mezzo, rimanere riverbero di una presenza e storia sospesa. La nostra centralità nel mondo è una menzogna, siamo scarti, "ravatti", frammenti di esistenza. Federico De Leonardis gioca ai margini dello spazio disseminandolo di indizi architettonici, di vettori che indicano una direzione altra dal centro. Ogni angolo dello studio è una micro-storia di oggetti e materiali d'uso nei quali è impressa una forza stratificata, violentemente incisa, asportata dalla scena.

Gli oggetti nelle porzioni di spazio ci aiutano ad evadere. Lo spazio esiste in funzione di quei falsipiani, di quelle fughe dell'occhio, di quelle braghe sospese che spuntano da chissà dove. Tutti gli oggetti trattengono la memoria della loro funzione senza frivolezze estetiche e letterarie. Sono collocati con precisione matematica per formare un piano, oppure per evocare la matrice originaria di una forma. Nell'opera Firmamento nero l'artista usa i tamponi come lavagna di un alfabeto sconnesso e automatico che ripete tautologicamente il titolo. Il tampone è un giaciglio bianco per la memoria: del gesto ripetitivo rimane l'impronta, l'eco della forza d'imprimitura come in tutte le forme di De Leonardis. Negativo o nero come veritiero di una realtà che la luce nasconde. Nelle Marine lascia delle parole che riguardano il mare sul marmo, materiale che dal mare proviene.

Queste steli sono le "ossa" del suolo e di quel cantore, Percy Bysshe Shelley che nel mare di Lerici morì nel 1822. Come un relitto il suo corpo fu spinto per dieci giorni dalle onde, per essere ritrovato a Viareggio e cremato sulla spiaggia.

Valeria Vaccari
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