Liquid Cat
Installazione, computer, cavo ethernet, ferro, webcam, forbici, plastica safe crash, misure ambientali.
L’installazione di Liquid Cat, entità multipla che mantiene celate le identità dei suoi componenti, è stata appositamente concepita per il tema della mostra, con quella attitudine alla distorsione del senso e al sabotaggio programmato che distingue la prassi operativa del collettivo.
Una rete realizzata con un cavo ethernet di 100 metri ostruisce il passaggio all’interno della sala, immagine efficace della presenza invasiva della tecnologia informatica e delle sue interne contraddizioni: il cavo trasmette il segnale tra i due computer eppure crea la frattura degli spazi e l’incomunicabilità. Per vedere chiaramente il video del computer posizionato al di là della rete occorre fare un percorso alternativo attraverso il ballatoio che porta al piano superiore, per poi ridiscendere dall’altra lato della sala. Oggetto metaforico che ha una sua estetica formale, spoglia ma efficace nel rapportarsi all’ambiente espositivo, la rete è anche l’espediente attorno a cui si manifesta l’aggressione performativa di Liquid Cat, la provocazione nei confronti del tema della mostra, dell’opera in quanto oggetto chiuso in se stesso, e infine dello spettatore.
Attorno alla rete, nei due cubi quasi uguali e simmetrici, si dispiega un altro sistema operativo, una catena di stimoli, forze agenti e controindicazioni che finiscono per frustrare ogni tentativo di interagire con l’opera d’arte: isolate nella teca ermetica, frangibile solo in caso di emergenza, le forbici forniscono il potenziale strumento per tagliare la rete e passare dall’altra parte per vedere l’immagine video. Azione impossibile in quanto tagliando il cavo ethernet si interrompe il circuito di connessione e il video si arresta. L’immagine video al di là della rete non è altro che il raddoppiamento speculare delle forbici, filmate attraverso una webcam, in un capzioso equilibrio di rapporti che finisce per irretire lo spettatore in un circolo vizioso.
Liquid Cat – a collective noun that hides the identity of its components – conceived this installation playing on the exhibition's theme, leveraging on the usual elements of the praxis of this collective: distortion of meaning and programmed sabotage. A net, woven with 100 meters of ethernet cable, blocks the passage through the room: an apt depiction of the invasive presence of information technology and of its eternal contradictions. The cable transmits a signal between two computers but at the same time fractures space and generates a communication disruption. In order to see a video, reproduced on the computer behind this net-work, one has to make a detour up a staircase, a balcony, through the upper storey and back down on the other side of the room. The net, a metaphorical object bearing its own raw but efficient formal aesthetics, is also the device around which Liquid Cat's performative aggression manifests itself. It's a provocation towards the exhibition theme, towards the artwork as a self-contained system and, finally, towards the observer. Around the net, in the two symmetrical, almost identical, cubes another operating system is deployed: a chain of stimuli, acting forces and contraindications that end up frustrating any attempt of interaction with the work. Insulated in their sealed box, breakable in case of necessity, the scissors provide the potential tool to cut through the net and see the video on the other side. An impossible action as the cutting of the cable would interrupt the transmission of the video. Moreover, the image projected on the other side is a specular double of the scissors themselves, captured through a webcam: a captious balance of relationships that ends up entangling the observer in a vicious circle.