Nodo_rete

Maria Elisabetta Novello

Filare secondo, 2008
Cenere.

Con la cenere Maria Elisabetta Novello disegna impalpabili e delicati ricami, sigillati e protetti in teche di plexiglas, oppure adagiati a terra in installazioni site-specific, destinate ad essere lentamente distrutte dal passaggio degli spettatori, come accade nel lavoro concepito per la sala del Castello di San Vito. Fatta di una sostanza ridotta ai minimi termini, residuo ultimo di materia, l’opera sussiste in una dimensione tutta orizzontale che si carica di altre valenze, oltre l’estetica del motivo decorativo.

L’artista si riappropria di un’arte arcaica, domestica e tipicamente femminile, il ricamo e la tessitura, assorbendone principalmente la sorda dedizione e la reclusione del lavoro, la ripetizione quasi rituale del gesto, l’isolamento nel silenzio. Ecco allora che nelle trame sottili depositate a terra come polvere si sedimenta un discorso sulla temporalità, quella insensata e logorante di un tempo sempre uguale a se stesso eppure transeunte, instabile. La cenere, essendo essa stessa il risultato di una trasformazione della materia, diviene l’orma di questo passaggio temporale, il calco della memoria.

L’opera d’arte fatta di cenere prende in prestito le raffinate geometrie dei ricami su tessuto per giocare poi con una materia ancora più impalpabile, quella del tempo, a cui totalmente si affida in una consunzione lenta e casuale degli intrecci tessili, che pure funzionano da supporto e su cui si vanno a impigliare le trame della memoria, aniconiche e implicite, in un vocabolario di astrazione decorativa. Una struttura reticolare riportata, nel lavoro della Novello, alle sue origini semantiche e alla materia organica, per poi essere abbandonata alle intemperie del caso e della vulnerabilità. Sino al limite del completo disfacimento.

With ash Maria Elisabetta Novello draws impalpable and fragile embroideries, sealed and protected by Plexiglas reliquaries, or laid down on the ground in site-specific installations, meant to be slowly destroyed by viewers’ passage, as it happens in the artwork conceived for San Vito castle. Made of a slightest substance, last residual of organic matter, artwork subsists in an horizontal dimension charged with other values, besides decorative pattern aesthetics. The artist appropiates an archaic, household and feminine art: embroidery and weaving, mainly absorbing their deaf commitment, work confinement, ritual gestures repetition, seclusion in the silent. Here is how in thin woofs left on the ground as ash a pronouncement on time conceals itself. It is about a senseless, wearing time, always equal to itself and yet passing and unstable. Since ash is the result of matter’s transformation, it becomes the track of this passage, like memory’s tracing. The artwork made of ash borrows textile embroideries’ fine geometry in order to play with something even more impalpable, that one of time. The artwork totally relies on time, during a slow and accidental consumption of textile weaves. These ones work as supports, on which memory’s weaves get entangled, aniconic and implicit in a vocabulary of decorative abstraction. It is like a reticular structure carried back to its semantic origins and its organic matter, to be later left to chance and vulnerability. Up to the absolute decline.

Alessandra Tempesti
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